Va ammesso. Questo tempo è sbalzato nelle nostre vite a tal punto da sacrificarle:
<<siamo traghettati morbosamente nel senso unico dell’ angoscia e della paura, e così -in confidenza- mi accingo alla lettura sussurrante dei versi: appunto della poesia; dacché presente e mai superflua. La poesia resta la nostra comunità; non ha bisogno di bussare nè di avanzare ipocrite pretese. Radicata si rivolge per lo più all’ animo soffuso, indispettito e allo stesso tempo clemente>>
“I nostri politici ad esempio, potrebbero imparare molto dalla poesia e così eviterebbero il tremolio di una farsa. Può accadere allora, che la poesia diventi una sirena capace di ammaliare anche i giganti”.
In questi giorni ammetto di essermi imbattuto -altrove- nei versi di una canto suonato di memoria autobiografica. La voce è cupa ma si sente il caldo delle vicissitudini che arrancano nel ritmo di un tempo già trascorso, e indefinibilmente dell’ altro che arriverà. I versi possono essere eccepiti dentro la ‘profonda coerenza’.
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Altrove
no, non in una foresta di simboli
questa casa
che non sai dove sia
ma fuori, fuori
da ogni plaga della memoria
anche la più remota,
da ogni storia e vicenda,
ma vera, vera
più d’ogni altro giorno,
d’ogni altra ora
che sia la più chiara
o la più cupa
qui le erbe sono le più verdi
e alte,
ondulate e morbide
dai colli scendono
alle case
il cerbiatto è lì,
poco distante,
dove l’acqua è più limpida,
alla fonte,
e tu lo guardi bere
e sei felice
dietro la casa
c’è una scala lunga
il solaio raggiunge
luminoso,
la paglia lo rischiara
fin’oltre i vetri,
no, non ci sono gli angeli
ed i cori,
ma le sorbe odorose
dentro i canestri
un canto ti raggiunge
nella luce,
tra i legni del solaio
trapela lieve,
non sai chi è la donna
che li intona
e t’entra dentro il sangue
e ti rallegra
e guardi lo scoiattolo
che sale
rapido per il tronco
e giunge al cielo
Giugno 2016
Umberto Piersanti ‘Campi d’ ostinato amore’ La Nave di Teseo 2020
di Giuseppe Rigotti
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